Se pensiamo all’inquinamento ci vengono subito in mente il petrolio, le auto, la deforestazione, gli allevamenti intensivi, ma pochi pensano all’industria dei cosmetici. Influencer, canali social, mass media: siamo inondati continuamente da messaggi di bellezza, di apparenza, non vogliamo invecchiare e per questo spendiamo tonnellate di soldi, ma ignoriamo gli effetti sull’ambiente. Ancor meno conosciamo l’impatto sociale di questa fiorente industria.
L’industria della bellezza produce miliardi di unità di imballaggio non riciclabili: solo nel 2018, sono stati registrati circa 120 miliardi di involucri in materiale plastico ad alto impatto ambientale, un universo sommerso fatto di plastiche che, nella peggiore delle ipotesi, finiscono nei nostri oceani danneggiando irrimediabilmente l’ecosistema. Oltre al danno rappresentato dalle confezioni monouso, infatti, c’è infatti un nemico molto più insidioso: le microplastiche. Pochi sanno che all’interno di dentifrici, scrub per il corpo, creme, ci sono delle piccole sfere plastiche più piccole di un granello di sabbia che sono una delle componenti principali del brodo di microplastica che purtroppo soffoca i nostri mari. Purtroppo, l’impatto dell’industria della bellezza non finisce qui perché non possiamo non menzionare il business dietro l’approvvigionamento delle materie prime utilizzate. Ancora più esiguo è il numero di quanti sanno che un quarto della produzione mondiale di mica (uno dei principali minerali usati nell’industria cosmetica) proviene dall’India, tratto da miniere per il 90% illegali che impiegano una gran quantità di lavoro minorile.